lunedì 29 novembre 2010

Maratona di Firenze, 28/XI/2010

Cari amici,


questa volta non c'è stata emozione alla fine, perché la contentezza, quella che ti fa sorridere, è stata superiore.

Stamattina alle 7:00 c'erano 3-4° e pioggia goccioloni, l'Arno muggiva pieno e spaventoso.

A colazione ho abbandonato l'ortodossia e l'integralismo, quei cornetti e quelle veneziane di autentica pasticceria fiorentina erano troppo invitanti.

E poi pensavo che non saremmo partiti; se partiti, che ci saremmo ritirati.

Siamo arrivati imbustati sulla linea di partenza, lasciando in valigia il k-way e cose del genere, per non caricarci troppo e, in quel momento, è sembrato talmente folle e irragionevole da intimidirci ulteriormente.

Troppa ostilità del Fato.

Ma non è mai così, non ci è dato prevedere nulla, siamo umani.

Si parte, e dalla parte opposta, non come gli altri anni: la linea è posta quasi alla fine della discesa. Prima le parti noiose e subito alle 'ascine, dove il silenzio e la solitudine dei *trentesimi chilomentri, uniti alla stanchezza, ti straniavano; poi il centro e la parte storica, sempre più storica, sempre più bella, tanto da ridarti forza e speranza.

Così la mezza è giunta inattesa, e al 22° perdo il mio mentore Stefano per una maligna evacuazione.

Lo lascio e proseguo tranquillo, accorgendomi che i chilometri scorrono veloci.

La "heavy rain" prevista in tutti i bollettini per le 11:00 non si vede; una pioggerellina fitta ci tiene compagnia.

Dopo il 30° decido di grattare qualche secondo, ci sono le condizioni, ed è tutto un crescendo fino al 40°.

Qui mi viene in mente la più bella poesia fiorentina: non è Dante né Petrarca, ma Stefano Cappelleti, con il più bel verso, ancorché privo di metrica, in identiche condizioni pronunciato.

"Gestisciti, ché è finita".

E' così ragazzi.

Al 40° è comunque finita.

Ma questa giornata, apparentemente iniziata così male, ha ancora qualcosa da dire.

Ci sono le gambe, c'è la testa, e decido di tirare la volata; aumento il ritmo, scendo di 10-15-20 secondi.

Incredibile!

Controllo il tempo, sono a pochi secondi dal personale, e aumento ancora, sorpasso decine di scorati e delusi e, finalmente, il percorso si infila in quella curva che conosco bene.

E' troppa bella, per tanti motivi: è Santa Croce, è il traguardo, è record.

Faccio appena in tempo a prendere medaglia e telo termico che il cielo brontola e arriva l'acqua vera, come nei Promessi Sposi, quella che tutto monda e rigenera animi e speranze.

Grazie ragazzi che mi avete sostenuto e incitato, grazie Firenze, ancora un bellissimo ricordo.

F

Notturno Podistico

Cari amici,


questa la devo proprio raccontare:

giovedi non potevo proprio uscire per fare i previsti 12 km.

Complici impegni, orari, lavoro, e soprattutto Ilaria, decidevo di uscire alle 5:30.

Sì, proprio così, non alle 17:30, ma alle 5:30, un orario già sperimentato da Ilaria (e, come si dice, tira più uno di quelli...).

Allora, non troppo convinto, mi affido alla casualità:vediamo se mi sveglio o no.

Alle 5:10 sono già sveglio ma sveglio, e accetto l'invito.

Brache lunghe, maglia pesante a pelle, guanti e cuffia e vado.

Fuori è buio pesto, neanche gli spazzini si sentono ancora.

Certo, qualche disgraziato che va al lavoro passa e, se il metabolismo si è attivato, forse mi vede anche.

Gro dal Mokambo: nessuno. Spaventato dal silenzio e dall'oscurità del Bramante, torno indietro,vado per le Cerquette e infilo la Rocca: se finora era buio, qui è nero totale, non si vede la strada. Il cancello è sinistramente aperto, ma la selva oscura che si para davanti assomiglia a una trappola o forse sono ricordi freudiani.

Mi spavento anche qui e torno indietro.

Vado in Piazza: nulla, niente e nessuno. Ma la scalinata del Duomo, bella illuminata, bianca e vuota, invita e ispira: la faccio quattro volte, come un Rocky Balboa qualsiasi.

Finalmente si sentono gli spazzini, sono le 6:00 (o no?), comincio la strada del ritorno.

Al Mokambo, comincia a schiarire verso Pontenaia, e mi sento come Forrest Gump sulla barca dei gamberi al sorgere del sole.

Lo spettacolo è rivitalizzante, mi sento entusiasta: una nuova giornata, una nuova alba, nuovi sogni e speranze, si ricomincia anche oggi.

Finalmente vedo Ilaria in senso opposto, sta appena iniziando.

Non sa che avventura è stata per me!

Ne è valsa la pena, la levataccia è stata ben ricompensata, aveva ragione lei.

Un saluto e via, la seguo per un po' e poi la mollo, troppo per me.

Rientro, una doccia e via; la giornata trascorre piena di impegni serrati ma non avverto un filo di stanchezza.

Bene, avanti così, questa è stata una fatica rigenerante!